NEL "CUORE" DI PRATA

 

Borgo antico

 

Il Palazzo Baronale ha un piccolo arco, attraverso il quale si accede a degli scaloni che conducono ad una Cappella. Questa Cappella è un'antica proprietà del Barone. In questa Cappella c'è una statua raffigurante un giovane che con la spada cerca di trafiggere il demonio imprigionato sotto il suo piede. Questo palazzo viene chiamato così perché in passato vi abitava il barone Zamagna. Nonostante siano passati tanti anni l'edificio conserva una pregevole e robusta struttura. Alcuni anni fa era pieno di vita perché ospitava la scuola media ed il comune, di fronte c'era l'ufficio per il collocamento. Per parecchi anni c'è stata anche la scuola materna tenuta dalle suore e un oratorio che accoglieva molti giovani. Il palazzo, all'interno, conserva ancora degli ambienti decorati e affrescati. Nel periodo estivo vi si svolge una festa durante la quale viene aperto il portale risalente alla metà del '700, attraverso cui si accede nel cortile che è abbastanza spazioso.

 

Le antiche carceri.

All'interno, nel sotterraneo vi erano le carceri che erano stanze piccole nelle quali c'erano delle finestrelle da cui entravano pochi raggi di luce. Al posto dei letti c'erano delle scomodissime tavole di legno. L'ambiente era molto freddo e tetro. Le stanze poi erano disposte in fila una dopo l'altra e venivano controllate dalle guardie. Queste erano molto severe nei confronti dei carcerati. Infatti esse impartivano loro ordini precisi che andavano eseguiti e se i carcerati si ribellavano avevano il compito di frustarli. I carcerati venivano messi ai lavori forzati e quando finivano di lavorare mangiavano qualche pezzo di pane con cipolle crude. Mia

 nonna mi racconta sempre che quando era piccola, dato che suo padre era il vigile di Prata P.U. , andò nelle carceri dove vide tutti uomini rozzi che avevano molta fame. Essendo solo una bambina si mise a piangere e suo padre la portò subito fuori dal Palazzo. Rimase terrorizzata per tre giorni e mi dice ancora oggi che quella era stata sicuramente una brutta esperienza.

 

La  chiesa Oratorio

La chiesa Oratorio è stata costruita nel 1920. Questa chiesa prima era piena di statue di santi e di affreschi bellissimi. Mio nonno mi ha raccontato che c'erano anche molti banconi sia al centro sia ai lati. C'era anche un altare fatto di marmo antichissimo, ed era addobbato da enormi candelabri e da vasi pieni di fiori profumati. Oltre a questo c'era una scala che portava in una stanza dove c'era un bellissimo organo. All'esterno c'era un immenso cortile con alberi aiuole ed un cancello col verde, come l'erba, infatti mio nonno mi ha detto che lì da giovane si divertiva molto a giocare con i suoi amici Purtroppo, oggi, tutto questo splendore non esiste più, perché, durante il terremoto del 1980, questa chiesa ha avuto seri danni, quindi, visto che nessuno si è preoccupato di farla riparare, ora si trova nel più completo stato di abbandono. Spero che un giorno ci sia qualcuno che si interessi del suo recupero, e , quindi, che venga ridata alla popolazione nel suo antico splendore. Io spero che i Santi, gli Affreschi, l'Altare, i giardini, si riescano a recuperare,

 perché, nessuno sa che fine abbiano fatto.

 

La Chiesa di San Giuseppe.

In piazza Pasquale Freda, c'è una antica chiesa che si chiama San Giuseppe.

 E' stata costruita  nella prima metà del 700. Questa chiesa si differenzia dalle altre per il portale ad arco abbellito da due pilastri sulla cui sommità sono raffigurati due Angeli. Davanti alla chiesa ci sono dei gradini di pietra antica. All'interno, c'è un altare di marmo bianco dietro al quale in alto, c'è la statua della Madonna del Carmelo. Ai lati dell'altare ci sono due statue, a sinistra il busto di San Giuseppe, a destra quello di San Giacomo. Alzando lo sguardo verso l'alto, si vedono dei bellissimi affreschi che rappresentano una Madonna che a guardarla, sembra vera. A sinistra, c'è una scala di legno che porta all'organo ormai vecchio  perché non viene suonato da molti anni. Si dice che sotto la chiesa ci siano resti di persone. A Natale, in questa chiesa, si fa un grande presepe perché è l'unica situata al centro del paese. Il presepe resta in quella chiesa per almeno un mese, poi viene smontato e la chiesa non viene più usata. Solo il giorno di San Giuseppe il sacerdote la apre e celebra la messa. E' un vero peccato che una chiesa così bella come quella di San Giuseppe, venga abbandonata e usata solo quando serve. 

   Tratto dai Temi scolastici di mio figlio Florindo

LA BASILICA DELL'ANNUNZIATA

 

La basilica dell'Annunziata è' uno dei più importanti monumenti dell'Irpinia, testimonianza delle prime comunità cristiane che vi risiedettero. Si presenta con una semplice facciata in mattoni, nella veste assegnatale dal restauro del 1951. Due antiche colonne, con capitelli corinzi, sono ai lati del portale, sopra il quale si trova una trifora inquadrata in un arco. L'interno è un'antica navata voltata a botte; a destra una piccola cappella illuminata da una cupoletta, a sinistra vicino all'ingresso la porta che apre sul complesso catacombale. Questa parte anteriore è ancora nella veste tardobarocca. Il restauro del 1930 ha riportato la parte posteriore scavata nella roccia, al suo originario assetto longobardo, rimuovendo il pesante altare, sostituito con la semplice mensa in tufo sostenuta da un capitello ionico. La parte più interna dell'edificio in gran parte interrato si sviluppa anch'essa su un'unica navata voltata a botte: siamo nella basilica Paleocristiana; il presbiterio è delimitato da un triforicum sorretto da colonne di spoglio con capitelli ionici. Dalle arcate minori si accede al deambulatorio lungo il quale si aprono numerose sepolture inserite entro gli areosoli secondo una consuetudine ebraica, poi ripresa dalle prime comunità cristiane. E' un insieme di grande suggestione. In una nicchia di fondo del catino absidale, un interessante affresco della vergine orante tra santi (VII secolo) mentre la volta del catino anch'essa decorata con affreschi poggia con estrema leggerezza, quasi rimanendo aerea, grazie a sei archetti su colonnine tortili (tre per lato) sulla parte basamentale che funge da sedile. Alle pareti tracce di affreschi di epoca successiva. Sul lato destro della basilica attraverso un piccolo giardino interno ricco di reperti, si raggiungono le catacombe di cui rimangono solo due sale tra loro comunicanti, la cripta principale ove sono visibili entro gli orgosoli bassi e profondi sarcofagi in terracotta e in pietra, tra le due sale una grande ara in laterizio. Di particolare pregio è però la cosiddetta  grotta dell'Angelo, dall'affresco che la decora, posta a quota superiore. Il complesso catacombale insieme con la basilica, fu scavato forse utilizzando le strutture dell'ipogeo gentilizio di una villa romana, ed è stato identificato con la catacomba di Abellinum, centro del cristianesimo primitivo e sede della cattedra vescovile prima che questa si trasferisse nel centro urbano ad Atripalda (catacombe di Sant'Ippolista) e poi, nel IX secolo, nell'attuale sede del duomo di Avellino. Per i suoi caratteri la catacomba è stata paragonata a quella napoletana di San Gennaro. Riferimenti alla chiesa di Santa Sofia a Benevento sono stati spesso fatti per l'aula basilicale.

Tratto dai Temi scolastici di mio figlio Florindo

LA FESTA DELLA S.S. ANNUNZIATA

 

Dinanzi alla bellissima ed antichissima chiesa della S.s. Annunziata c'è un immenso piazzale dove ogni anno, nella settimana successiva a quella pasquale, si svolge la festa dell'Angelo che consiste nel fatto che, due bambine, una vestita di celeste e l'altra di rosa, cantano, sospese in aria e rivolte alla chiesa, dove la Madonna le ascolta dinanzi all'ingresso. Inutile dire che enorme è l'emozione nel vedere quei due "Angioletti" levarsi nel cielo, su migliaia di teste in attesa di un movimento che si ripete da un tempo infinito. Iniziano a cantare accompagnate da quella musica così celestiale che la gente finisce col piangere. E un brivido percorre la schiena nel vedere tutti quegli occhi rivolti solo verso quelle due piccole figure che, finito di cantare, scendono dopo essersi fatto il segno della croce. Finita la processione e la gente, per accogliere la Madonna prega e canta. Le persone nel vedere quella bellissima statua e i due Angeli che portano il cuscino spinti dalla fede, donano quel po’ di soldi che, magari, conservano da tanto tempo per comprarsi qualcosa. In ogni vicolo si fanno esplodere dei bellissimi fuochi d'artificio. La processione della sera finisce, quando giunta nella Chiesa di San Giuseppe, vi si lascia la statua fino al giorno dopo. La domenica, poi, gli Angeli, stando sempre sulla destra e sulla sinistra della statua camminano per raggiungere il rione, nella cui piazzetta, viene celebrata la messa. Di nuovo si torna all'Annunziata, dove rivolti al pubblico, le bambine, risalgono al cielo e ricantano la loro commovente canzone. Diversamente dal sabato, di domenica recitano la preghiera con la quale benedicano tutte le persone, il Comune e i sacerdoti. Alla fine, l'Angelo vestito di celeste mette nella mano della Madonna un fiore: un giglio bianco. Finita la funzione la gente si dirige le molte bancarelle e le giostre che attraggono soprattutto i giovani. Scoccata la mezzanotte, tutti si dirigono nella zona in cui avviene la gara dei fuochi d'artificio, che vede scendere in campo tre "maestri" tra i quali, il giorno dopo sarà scelto quello ritenuto  più bravo. Questa festa dura tre giorni, tre giorni emozionantissimi, che ci fanno rimanere con il fiato in gola, tre giorni divertentissimi, specialmente per i giovani. Insomma: Prata, in questi giorni è un esplosione di vita e di allegria.

 Tratto dai Temi scolastici di mio figlio Florindo

La fontana del prete 

“La fontana del prete” è una fontana situata nel Comune di Prata P.U, alla località Annunziata, a ridosso di un piccolo boschetto

Questa fontana, secondo alcune testimonianze raccolte sul luogo, risale all’inizio del secolo scorso (1900). Nei tempi passati, quando l’economia del paese era principalmente basata sull’agricoltura, l’acqua della fontana veniva utilizzata per abbeverare gli animali, per irrigare i campi, per gli usi domestici e per  lavare le biancherie.

Oggi questa fontana è stata abbandonata a se stessa e nessuno si prende cura di essa, tranne qualche nostalgico anziano. Infatti, soprattutto, gli anziani, ancora legati a vecchie tradizioni, vanno ancora ad attingere l’acqua considerandola, non solo potabile, ma addirittura molto salubre.

Alcuni vecchietti, che ho incontrato nella zona, mi hanno  raccontato che questo luogo, un  tempo passato, era un luogo di ritrovo; infatti era proprio nei pressi della fontana che spesso si incontravano le varie coppie di fidanzati e dove spesso venivano a conoscenza di nuove cose e di nuove notizie che accadevano nel paese.

Oggi, questa fontana è diventata, invece,   il ritrovo di giovani tossicodipendenti del luogo, che spesso lasciano sul posto siringhe ed altro rifiuto inquinando, così, l’ambiente naturale.

Queste notizie che ho raccolto servono non solo per ricordare e far rivivere un passato che  oramai non c’è più ma per valorizzarlo, non perderlo, per riscoprire antichi valori di una civiltà contadina, fatta di antiche saggezze, ma anche di continue rinunce e di privazioni.

Tratto dai Temi scolastici di mio figlio Florindo

 

LA MOLARA

 

 

La Molara è una fontana che esiste da circa un secolo. I terreni  vicini sono usati per la piantagione di nocciole. La strada è praticabile fino ad un certo punto, ma  a pochi passi della fontana l'asfalto è rovinato. La gente non va ad attingere più l'acqua perché non è potabile, a causa dei veleni che assorbe durante  il suo percorso. L'acqua della Molara esce da una buca, percorrendo un tragitto di circa tre chilometri, va a sfociare nel fiume Sabato.

La zona dove è situato la sorgente appartiene  a Prata P.U., ma sfocia vicino all'ex miniera di zolfo a Tufo. Vicino alla fontana il Sindaco di Prata P.U. ha installato un manifesto in cui si vieta di lavare automobili e gettare rifiuti. Intorno alla fontana è cresciuta dell'erba che nasconde, a dir la verità, le poche bottiglie di  plastica abbandonate. Attorno alla Molara sono state costruite, non recentemente, panchine di legno e piccole staccionate, che abbelliscono un po’ il paesaggio circostante e lo rendono piacevole a chi vuole soffermarsi.

IL CASTELLO DI PRATA P.U.

a cura del Prof. Paolino Marotta

 

 

Le origini della nostra terra si perdono nel buio dei secoli: mancano documenti storici e ricerche approfondite cui far riferimento. Certo è che anche il territorio di Prata, ancor prima della colonizzazione romana, fu abitato da popolazioni osche e sannite. Alcuni reperti rinvenuti sulla riva sinistra del fiume Sabato ci attestano appunto la presenza in quella zona di una piccola comunità di agricoltori e pastori.

Reperti di epoca romana (capitelli, monete, statuette, lucerne, anfore), rinvenuti in località Annunziata e lungo il fiume, testimoniano inoltre l'esistenza di un fiorente centro di vita. Le Catacombe e la basilichetta paleocristiana, i resti di una strada lastricata che univa Benevento ad Avellino per proseguire per Sanseverino e Nocera, la posizione sommamente strategica del luogo rispetto alla valle del Sabato, il rinvenimento di quella grande opera idraulica che era l'acquedotto sannitìco (che dalle sorgenti di Serino portava l'acqua a Benevento), tutto quanto conforta l'ipotesi che già in epoca romana in questa terra dovette sorgere una cittadella abbastanza fiorente e popolata.

Durante la fase dei declino dell' impero romano e le prime invasioni barbariche, il luogo dell'abitato dovette subire ulteriori fortificazioni.

L'odierna Prata (castrum Pratae) deve sicuramente il suo nome ai Longobardi, stabilitisi nel Sannio dopo il 570 d.C.

Nel periodo della dominazione longobarda risultano Signori di Prata e di altri territori vicini alcuni gastaldi di Avellino della stirpe degli Adalferi. Allorquando il gastaldato (distretto militare del ducato di Benevento) fu diviso, il territorio di Prata con il relativo fortilizio ed abitato toccarono al Conte Giovanni (Johannes gratia Dei comes) della stessa stirpe dei gastaldi Adalferi, come si legge in un documento del 1020 conservato presso l'archivio di Montevergine.

Con il sopraggiungere dei Normanni intorno al 1100, il castello di Prata passa nelle mani della famiglia Abenalia, il cui capostipite fu un certo Guglielmo (CaVtellum quoddam nomina Prata quod erat Guillelmi del Abinalia).

Qualche anno più tardi, nell'ambito della guerra di successione al Ducato di Puglia che si combatteva tra Rainulfo de Alife (nominato dal Papa duca di Puglia) e il Duca Ruggiero (poi Re), l'Irpinia si trovò divisa in due fazioni: i feudi della riva destra dei Sabato furono alleati di Ruggiero, mentre i feudi della riva sinistra furono alleati del duca Rainulfo. Nel marzo del 1134 Ruggiero mosse dalla Sicilia alla volta di Salemo con un forte esercito, assaltò Avellino e la espugnò. Il mattino seguente ( si legge nel Chronicon di Falconìs Beneventani) si precipitò come un fulmine su Prata, tagliò a pezzi la guarnigione, smantellò le torri, saccheggiò e bruciò quello che restava. Nello stesso giorno volse la sua ira su Altacoda (Altavìlla), Grotta Castagnara (Grottolella) e Summonte.

A causa di tale assalto la sorte del castello fu assai infelice: della precedente struttura romanico‑longobarda, composta di pietrame frammisto a calce, ben poco rimase in vita.

Alcuni anni dopo, il castello di Prata fu riconsegnato agli Abenalia e propriamente a Riccardo nel 1146: venne riparato e riprese la sua funzione di grosso fortilizio a difesa della valle del Sabato e delle antiche vie romane di penetrazione interna.

In un documento del 1165 si legge che un certo Giovanni, giudice del castello di Prata, fece donazione al Monastero di Montevergine di cento tari (moneta della zecca di Salerno).

Dal 1150 al 1170, il castello di Prata passò dalle mani degli Abenalia alla famiglia Revelli (o Ravelli).

Un documento del 1237 riferisce che i Signori di Prata custodirono nelle loro prigioni, per ordine dell'imperatore Federico II, il milite milanese Giacomo Scanzo, fatto prigioniero nella battaglia di Cortenuova.

Finita la dinastia degli Svevi e passato il regno di Sicilia nelle mani degli Angioini, il castello di Prata venne riconosciuto ad un tale Antonio de Prata, citato in molti documenti relativi all' obbligo di prestare il servizio militare.

Con la divisione della provincia di Principato nei due circondari di Principato Citra (con capoluogo Salerno) e di Principato Ultra (con capoluogo Montefusco) , voluta nel 1284 da Carlo d'Angiò, il feudo di Prata venne a ricadere nel Principato Ultra, per cui ricevette la denominazione che ancor oggi conserva.

Successivamente il feudo appartenne alle famiglie dei Pagano, dei Filangieri, dei Caracciolo.

Era ancora feudatario un rappresentante della famiglia Caracciolo, nel 1461, quando il castello venne attaccato dalle truppe del re Ferdinando I° d'Aragona mossosi da Montefusco per punire il ribelle Conte di Avellino: i soldati del castello di Prata resistettero all'assedio e riuscirono poi a respingere gli aragonesi. Nel 1469, proprio a causa di quest'atto di ribellione al re Ferdinando, i Caracciolo furono privati del castello di Prata e di altri, che vennero consegnati al Conte de Requesens, di origine spagnola.

Con l'allontanamento di quest'ultimo, i feudi furono devoluti al Reale Demanio, fino ai primi del 1500, e poi furono venduti: il castello di Prata , con i relativi beni feudali, furono acquistati dalla famiglia Gargano, originaria di Aversa.

Dal 1617 il feudo passò alla famiglia Cesarano e dal 1681 alla famiglia Zamagna, della repubblica di Ragusa della Dalmazia.

Nel 1854, non avendo l'ultimo Zamagna eredi maschi, il castello passò a Niccolò dei Gradi, capitano di marina dell'Impero d'Austria, che ereditò il feudo per linea femminile.

Dopo il 1860 il castello di Prata perse ogni importanza militare e strategica; alla fine del secolo venne in possesso della famiglia Di Marzo.

Nel 1921 gli eredi Di Marzo concessero il castello in enfiteusi perpetua al Comune di Prata.

 

 

Foto Silano Sergio

STORICO: 13 MAGGIO 2011 GIRO D'ITALIA A PRATA P.U.

UN EVENTO STRAORDINARIO SI E' VERIFICATO NEL NOSTRO PICCOLO PAESE: PER LA PRIMA VOLTA NELLA STORIA IL GIRO D'ITALIA TRANSITA NEL NOSTRO PAESE, NEL CENTRO STORICO, LA PIAZZA P.FREDA, VIA COSIMO PETRILLO. VI RIPROPONGO ALCUNE FOTO DELL'EVENTO