AL CARO PAPA' FLORINDO D'ONOFRIO

Pensieri in libertà
In un caldo pomeriggio di
agosto hai risposto “Presente” alla chiamata del Signore e per te è suonato il lungo “Silenzio”.
Tu, uomo buono ed onesto, marito, padre e nonno esemplare che ci hai lasciati nel più profondo dolore per raggiungere il tuo posto in Paradiso
Tu, che hai sempre fatto il tuo dovere non perché qualcuno ti dicesse grazie, ma lo hai fatto per te stesso e per la tua dignità
Tu, che non hai mai dimenticato le cose belle che la vita ti ha dato e, sono state quelle che ti hanno fatto andare avanti nei momenti di difficoltà
Tu, che ci hai fatto capire che non serve essere ricchi per essere felici e che le cose migliori della vita sono gratis: abbracciare, sorridere, baciare, amare, sperare
Tu, che ci hai sempre detto che
ogni cosa ha il suo
tempo bisogna solo avere pazienza e forza di aspettare.
Tu, che hai servito la Patria con fedeltà e onore, hai deposto le armi e fiero ed orgoglioso com’eri sei entrato al suono della marcia trionfale in Paradiso.
Tu sei ancora più vivo, oggi, in tutti noi, anche se sei fuori dalla nostra vista.
Noi abbiamo una grande responsabilità, portare avanti il tuo nome, che è un nome carico di valori e di ideali.
La morte non è niente, anche se
tu non sei più qui, sei sempre presente nelle cose che hai visto e toccato, nelle parole che hai
sempre detto e ripetuto, nel tuo esempio che ci guiderà e ci accompagnerà, ancora, lungo il cammino della nostra vita.
Aspettaci e conservaci un posto accanto a te in Paradiso.
Per te, una parola sola: Grazie
ALLA CARA MAMMA MARIANNINA CAPONE

Ciao mamma. Grazie di tutto. Un forte abbraccio a papà (GIGINO)
Cara Nonna,
eccoci qui a salutare anche te, in questo anno sciagurato che, in un modo o nell’altro, ha seminato tanta tristezza e dolore.
Alla fine, anche tu hai deciso di lasciarci! Avrai pensato: “E’ il tempo di andare! Me ne vaco no poco fore!” “Fore” però, questa volta, non è ne “miezzo a l’aia”, né “arreto animali”, né “ngoppo o vosco”. “Fore” questa volta è un posto lontano, troppo lontano!
Eppure, un pensiero è pervaso dentro di me i primi giorni che hai cominciato a stare male: “Nannina ne ha passate tante, ce la farà anche questa volta, riuscirà a passa’ a nottata e la rivedremo tra noi pronta per superare insieme la soglia mitica dei 100 anni”. Ma questo, ahinoi, non è accaduto! Questo 2020 non ha tenuto conto delle tante volte in cui ti sei fatta male per il lavoro intenso che facevi nei campi, di quella volta che per poco ci lasciavi mezzo braccio, di quando pochi anni fa ti sei rotta il femore e, si sa, “femore rotto / persona anziana” è considerato un preludio nefasto. Ed invece tu lì, pronta, sei uscita vincitrice per l’ennesima volta.
Quante battaglie hai fatto con nonno, i tuoi fratelli, Tunino. Acqua, sole, ghiaccio, freddo; quante volte, da piccolo, vi ho visti passare davanti casa col trattore, salutandovi mentre andavate “ngoppo o vosco”! Cominciava un’altra giornata chiena chiena! E quanti guai, da piccoli, combinavamo intorno casa tua e tu, nonostante disapprovavi le nostre marachelle, non ci hai mai né sgridato né rimproverato ed hai sempre accettato tutto, come solo i nonni sanno fare! Quanti sacrifici! Mai un giorno di mare, mai un’uscita in un negozio! Il bar? Tu e nonno, non sapevate cosa fosse!
Ricordo ancora quando quella volta venisti in gita con noi a Padova e Venezia, col pullman della parrocchia. Tu, un po’ spaesata, osservavi tutto con gli occhi di una bambina che per la prima volta si trovava in un posto nuovo. Serena sì, ma come un pesce fuor d’acqua che dentro di sé pensava a cosa stesse facendo nonno in quel momento a Prata e come procedessero i lavori nei campi e a casa. Perché questo tu eri, un esempio di dedizione completa alla famiglia e al lavoro. L’esempio di chi è partito da zero ed ha fatto grandi cose, con umiltà e perseveranza.
Silenzio, parole poche ma precise, ironia, quello sguardo profondo e un po’ sornione con cui osservavi tutti noi e quelle esclamazioni tipiche che facevi: “ao commanno tuo”……“annasolea”…… “vieni qua, ti fazzo nu cunto”, per tenerci buoni quando eravamo piccoli…….“contamo i iuorni”, dopo che nonno ci ha lasciato 7 anni fa. Nonno, che immenso amore hai provato per lui! Quella tua apparente corazza di donna forte e un po’ distaccata si scioglieva come neve al sole quando gli eri vicino! Compagni fedeli di un percorso fatto insieme che si chiama vita! E poi, i figli, i nipoti, i pronipoti e tutti i parenti per i quali hai sempre mostrato amore e affetto profondo.
Ora, cara nonna, è giunto il tempo di salutarti! Ma prima di congedarci, voglio solo dirti che per l’ultima volta ci hai stupito ancora. In questo periodo, segnato da così tanto dolore, molte persone, anziane e deboli soprattutto, sono state colpite da questo maledetto virus. Il destino ha però deciso diversamente per te, facendoti andar via per conto tuo, per una strada diversa. Con quello sguardo sornione avrai pensato: “A me non mi pigghi!”. Cara nonna, ora ti lascio, cercherò di seguire quello che avete insegnato a tutti noi tu e nonno e se qualche volta sbaglierò, stammi vicino per farmi comprendere! Buon viaggio, saluta nonno e gli altri zii. TVTB Luca.
E così mamma se n’è andata in punta di piedi, spegnendosi lentamente, come piano piano si consuma una candela.
Anche negli ultimi giorni non ha mostrato evidenti segni di sofferenza, per rendere forse anche per noi meno dolorosa la sua dipartita.
Già mio nipote Luca ha fatto un ritratto completo di mamma descrivendo le tante qualità che aveva: l’umiltà, la semplicità, il profondo affetto per i familiari, l’anteporre tutti gli altri a se stessa, la riservatezza, la dedizione alla famiglia e al lavoro. A me piace ricordarla soprattutto come una lavoratrice instancabile, una donna d’altri tempi. Era quasi sempre impegnata nei lavori in campagna, assieme a papà e agli altri familiari: zio Antonio, zia Filomena e anche noi figli che già da piccoli ci siamo abituati a fare tanti tipi di lavoro: la raccolta delle ciliegie e delle nocciole, la mietitura e la trebbiatura del grano, la vendemmia , il trasporto dell’uva e la pigiatura, la raccolta delle barbabietole da zucchero, del tabacco, del fieno per le mucche e i vitelli, la mungitura e la consegna del latte a diverse famiglie di Prata, l’irrigazione dei campi di mais, la raccolta e la sgranatura delle pannocchie, il trasporto dell’acqua dalle sorgenti con la conca , con il secchio e con il “cecine”, o con i barili trasportati dall’asino, quando in casa non c’era ancora …..
Un episodio della sua vita lavorativa mi è rimasto particolarmente impresso. Estate 1958, papà doveva irrigare un campo di granturco ai confini con il Comune di Tufo (La zona la chiamavamo “’A Scarrupaglia”) a più di 3 chilometri da casa; mamma, nonostante fosse incinta, volle seguirlo lo stesso per aiutarlo e c’ero pure io e l’asino.
La portata dell’acqua tirata dalla motopompa a scoppio era tanta per cui si doveva dividere in due canali. Mamma non si poteva chinare, per cui diceva a me come fare con la zappa per riempire i solchi. Ce ne tornammo piano piano, perché mamma era molto stanca e soprattutto alla salita dei “Cupali”, si faceva trascinare dall’asino afferrandosi alla sua coda.
Durante la notte ha partorito. E’ nato mio fratello Gigino.
Pasquale D'Onofrio